LE ANFORE SPAGNOLE: LE TINEJAS
La tradizione Andalusa e di Castilla-La Mancha
In Spagna, la tradizione di vinificare e stoccare il vino in grandi anfore
chiamate Tinajas è ancora viva in Andalusia e nella comunità autonoma di
Castilla-La Mancha. A differenza dei recipienti georgiani, non sono interrati.
È proprio in questa regione che, a partire dal diciassettesimo secolo, nasce
un’industria ceramica molto importante, legata allo sviluppo dei vigneti e
responsabile della produzione di quantità considerevoli di Tinajas fino
all’inizio del ventesimo secolo. I due centri di produzione erano, all’epoca,
Valdepenas e, soprattutto, Villarobleso (odierna Villarrobledo), dove
quest’arte è attiva ancora oggi. Le più grandi Tinajas prodotte nel
diciannovesimo secolo vantavano una capacità di circa 70-80 hl per
un’altezza di più di 3 metri, spesso ricoperte da uno strato di pece.
LE ANFORE IN ITALIA
Senza andare troppo lontano, le anfore sono una tradizione fortemente
italiana: i Capasoni Pugliesi.
Se le anfore stuzzicano la fantasia di sperimentazione di ogni vignaiolo in
Italia, la Puglia sembra rimanere indifferente, ovvero trovo curioso che
neanche a livello di strategia di marketing la Puglia non abbia giocato la carta
della tradizionale anfora locale, dal nome indubbiamente meno suggestivo ed
accattivante rispetto al kvevri o alle tinejas, ovvero il capasone che non
manca mai in tutte le cantine dei piccoli produttori, in un angolo, spesso solo
ad uso ornamentale. Sono recipienti in terracotta smaltati all’esterno che
riportano sui fianchi fregi floreali, stemmi di casati nobiliari e, talvolta, vere e
proprie odi al pensiero di un secolo (come accadde durante il ventennio
fascista).
Ad una precisa distanza dal fondo, è collocato un piccolo foro che consente
di spillare vino “limpido”, allontanando le fecce; il coperchio – un piatto di
terracotta – era un tempo sigillato con un misto di paglia, calce e cenere, oggi
sostituito da mastice enologico (inodore e insapore).
L’ANFORA COME STILE DI VINIFICAZIONE
Cosa vuol dire vinificare in anfora?
Nella sua complessa semplicità l’anfora è rimasta fedele a se stessa non
avendo alcun bisogno di modernizzarsi: la terracotta è un materiale rimasto
sostanzialmente identico da millenni. L'argilla è un sedimento fine composto
prevalentemente da fillosilicati, ovvero dei minerali composti da strati
alternati di ossido di silicio e idrossido di alluminio. La proprietà di questi strati
è quella di incorporare molta acqua espandendosi e acquisendo la capacita
scorrere gli uni sugli altri rendendo malleabile al fine di essere plasmata
dando forma a recipienti che verranno cotti in fornace a temperature
dell'ordine dei 1000 °C. Tuttavia presenta due difficoltà: la possibile presenza
di contaminanti ed una porosità intrinseca.
Si pensi ad esempio al ferro che dona alla terracotta il suo classico colore
arancione, ma che può provocare problemi di casse o di ossidazione
catalitica al vino.
Il problema della porosità è invece legato alla possibile perdita di contenuto
per traspirazione attraverso la parete del contenitore ma soprattutto al
rischio di ossidazione e incremento di volatile nel vino. Il passaggio di
ossigeno nel vino attraverso la parete di un'anfora non è infatti mediato come
accade nel legno (soprattutto se piccolo e nuovo) dalla cessione di sostanze
polifenoliche in grado di legarsi a esso, ma è diretto e sostanzialmente
costante nel tempo.
A volte le anfore più grosse sono interrate nelle cantine con lo scopo di
accentuare l'isolamento termico, e, contemporaneamente, evitare che il il
vino venga ossidato. Come? L’obiettivo è quello di contenere l'anidride
carbonica nella parte inferiore, essendo un gas più pesante dell'ossigeno.
Questa soluzione non si presta ad una facile praticabilità.
La soluzione a questi problemi sarebbe da ricercare nell’uso di materiali
ceramici più ‘moderni’ rispetto alla comune terracotta, alternative che il
mercato attuale propone e che brevemente accennerò in seguito.
Il fine è quello di garantire una completa impermeabilità ai liquidi della
parete del contenitore ed eventualmente una ridottissima e controllata
permeabilità ai gas.
Perchè ostinarsi sulla terracotta? E’ evidente: i viticoltori la associano ad un
materiale naturale, alla neutralità, all’intuizione che questo materiale e non
altri riesca a conferire complessità ai vini, esprimendo il territorio nel “succo
d’uva”, concetto paradigmaticamente opposto all’uso della barrique francese.
La stessa ‘fisionomia’ di questo contenitore permette inoltre, data la sua
forma, una circolazione naturale dei depositi del vino, arricchendolo, oltre
ad una migliore stabilità. Grazie a queste proprietà numerosi vignaioli
accettano la sfida di vinificare in anfore e senza l'utilizzo di solforosa, come i
due giovani ragazzi di Menat, che sembrano provarne una vera e propria
avversione.
Al riparo dall'ossigenazione, le anfore permettono un miglior controllo delle
lunghe fermentazioni. La pratica diffusa di alcuni vignaioli ricorrono è
tuttavia anche quella di lasciare le anfore scoperte e non sigillate, proprio
con l’intento di ottenere una micro-ossigenazione attraverso i pori della terra
cotta durante la fermentazione. Perchè? Perchè il tal modo è come godere
dei vantaggi della micro-ossigenazione in botte senza che i tannini ceduti dal
legno marchino in modo invadente il vino.
L’argilla in vinificazione si comporta a metà tra l’acciaio e il rovere: il primo
crea un ambiente privo di ossigeno ed è un materiale inerte, che non rilascia
alcun gusto nel vino; il legno invece consente un’ossigenazione e i suoi
tannini influenzano l’aroma e il sapore del liquido.
IL CLAYVER
Le anfore moderne: alla ricerca di nuovi materiali.
Se le perplessità di molti sono imputabili al materiale di cui le anfore sono
fatte, appunto la terracotta, nuove “anfore” avveniristiche si propongono come
fine quello di porsi come una valida alternativa. Il Clayver è uno di questi: la
terracotta viene sostituita da un gres omogeneo e compatto; impermeabile ai
liquidi, non necessita di accorgimenti di alcun genere per evitare
l’evaporazione del prodotto (vale a dire rivestimenti, l’uso della cera, resine
e smalti). Il materiale è nudo. La struttura microporosa della ceramica,
agevola inoltre (esattamente come le anfore) uno scambio gassoso con
l’esterno, ma in quantità molto limitata e con tempi più lenti, consentendo
invecchiamenti più spinti.
L’UOVO
Le anfore moderne: una questione sia di “forma” che di sostanza.
E’ Chapoutier che nel 2001 ha questa intuizione: una vasca di
fermentazione a forma di uovo in cemento commissionandola a Nomblot.
Nascono da questa intuizione leggende metropolitane tale per cui quest’uovo
così realizzato fosse alto 2,1 metri, potendo contenere fino a 600 litri di vino.
Chapoutier, guru della biodinamica per molti tacciata per “esoterica”, la forma
sferica dell’uovo avrebbe conferito al suo vino un’energia celestiale.
Nombolt, con un approccio più pragmatico che “celestiale”, intuì il valore
commerciale dell’uovo e vendette il progetto ad un colosso della produzione
di materiali per l’edilizia, senza riconoscere alcun merito, né remunerazione a
Chapoutier, il quale, risentito, finì per mettere la pratica i mano ai suo legali
per il riconoscimento della proprietà intellettuale.
Il flusso costante del vino all'interno dell'uovo di cemento è dovuto alla sua
superficie liscia, priva di angoli. E’ da ricercarsi proprio in questa forma
ellissoidale, che agevolerebbe moti convettivi continui e spontanei in
grado di mantenere in sospensione le fecce fini, la genialità
dell’invenzione. Proprio dal contatto del vino con le fecce fini i vini bianchi
raggiungerebbero, attraverso questo battonage naturalmente indotto, una
maggiore struttura e complessità.
Il processo di deposizione delle fecce è più lento in contenitori più alti (più
stretti) rispetto a quelli inferiori (più larghi). L’uovo è molto simile al Kvevri: ne
ricalca la forma, limitandosi semplicemente a capovolgerla. Nel Kvevri, infatti,
la forma si restringe verso il basso riducendo la superficie di contatto tra i
sedimenti e il vino.
Anche qui: la conducibilità termica e la permeabilità all'aria delle anfore in
terracotta non sono le stesse delle uova di cemento, e anche il materiale di
cui sono fatte le uova è diverso da quello delle anfore.
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