Lo Champagne è una “cosa seria”.
Il Crystal
Lo champagne è ‘una cosa seria’, anche per chi ha familiarità col vino. Lo champagne ha quell’insolito vezzo di presentarsi in abito da sera e di non farti sentire mai troppo a tuo agio nel vestito della domenica. Io stessa, quando apro una bottiglia di champagne subisco una sorta di timore reverenziale, mi sorprendo nel ritrovarmi timida e riservata; quando ruoto la bottiglia, nell’esatto istante in cui il tappo è sedotto e viene via arrendevolmente, senza clamori, quel leggero suono, quel sospiro della carbonica che scappa dalla bottiglia, è come il tenore che rischiara la voce all’apertura del sipario del Teatro Costanzo di Roma.
Il Cristal non è ‘l’avventura di una notte’. Il Crystal non è come ve lo hanno sempre raccontato. Icona? Status symbol? Clichè? Tutto falso… o tutto vero. Dipende dagli occhi di chi lo guarda.
Tutto vero, perchè? Il Crystal nasce da un capriccio. Lo Zar Alessandro II di Russia commissionò alla Maison Roederer uno champagne che impressionasse in occasione della Dîner des trois empereurs, una cena tenuta al Café Anglais di Parigi, cerimonia che prevedeva ben sedici portate ed otto vini da servire rigorosamente in otto ore. Tuttavia, pochi ricorderanno lo Zar come colui che, seppur inconsapevolmente, sponsorizzò la prima cuvée prestige della storia dello champagne. Alessandro II di Russia sarà più noto, piuttosto, per essere stato vittima – oserei dire, letteralmente – di un paradosso: la situazione politica della Russia di fine Ottocento era piuttosto calda ed instabile tale da alimentare nello Zar la convinzione che avrebbe subito un attentato.
Quella che da molti poteva essere interpretata come una illogica paranoia, lo portò a fare una richiesta specifica ed insolita a Roederer: richiesse che la bottiglia fosse puramente di cristallo, trasparente, in modo tale che eventuale presenza di veleno al suo interno, potesse essere facilmente riconoscibile (da qui, Cristal). Non era abbastanza: richiesse infatti che il fondo della bottiglia fosse completamente piatto in modo tale che nessun ordigno, o polvere da sparo, potesse essere camuffata nell’incavo della stessa. Ho usato la parola ‘paradossale’ non a caso: lo Zar morirà poco tempo dopo, senza avere il bicchiere pieno di bollicine, ma banalmente mentre faceva rientro al Palazzo d’Inverno in carrozza. Ovviamente vittima di un attentato. Il Crystal nasce quasi come un romanzo di Tolstoj, per poi, negli anni Novanta cambiare pelle e diventare leggenda metropolitana: si spoglia del vestito da sera ed indossa una tuta ampia e le sneakers, diventando icona e puttana della cultura hip-pop. Paradosso anche stavolta: Notorius farà una brutta fine, esattamente come Alessandro II.
Gli anni Novanta però sono finiti: abbassiamo il volume di All eyes on me.
Certo, il Crystal rimane un bene di Geber.
È ancora inarrivabile, il divo, la celebrità.
Il Crystal, tuttavia, non canta più musica arrabbiata a 110 bpm. No. Ora per le vigne convertite alla biodinamica a casa Roederer si ascolta Casta Diva, nella superba interpretazione della Callas. Anche lo champagne, vino convenzionale per eccellenza, perfezione del tecnicismo enologico, si vuole tornare alla semplicità, ad un ritmo meno incalzante, tarato stavolta sui quaranta battiti per minuto. Il différence Cristal, slogan della campagna pubblicitaria della Maison che inaugura questo nuovo progetto bio, redarguisce anche il mercato.
Dunque, différent? Tutto falso. La bellezza non è oggettiva, come anche la piacevolezza di un vino. La bellezza è negli occhi di chi la sa guardare. Il Crystal per me è come la Maddalena. Io non lo guardo con gli occhi degli altri. Per me Crystal 2009 rimarrà per sempre il miglior vino che ho bevuto nell’estate del 2019, quando dal balcone di un monolocale a Monti, ero innamorata end incosciente.
Autore: Paola Carlomosti