Quando il vino non è solo vino: Rujno 2003 Gravner
“La ribolla gialla è il vitigno tipico di queste zone ed è quello su cui vale la pena lavorare, quello che mi interessa di più”. Frase sentita una miriade di volte, prima da colleghi e amici appassionati di vino e, successivamente da Josko Gravner in persona, durante una degustazione.
Questa volontà di smettere di produrre vini rossi mi è chiara, ne ho compreso i motivi e non mi permetterei mai di criticare una scelta simile, però mi dispiace terribilmente!
La prima volta che ho assaggiato un rosso di Gravner era Rosso Breg 2005, tre anni fa durante un incontro con il produttore. Lo assaggio, strabuzzo gli occhi, incredulo di fronte ad una tale prelibatezza mentre nel frattempo il distributore spiegava che se ne sarebbe fatto sempre meno, che avrebbero progressivamente espiantato la vigna per dare spazio alla Ribolla ecc. ecc.
La scorsa primavera, a Milano, ho partecipato ad una degustazione a dir poco peciale: pranzo con Josko Gravner per provare tutte le annate di “Rujno” (anche se i primi due vini in assaggio erano le ultime due annate di Ribolla gialla!). Per l’occasione, in cucina, un caro amico di Josko, che lavora al polo opposto della nostra penisola: Corrado Assenza, da Noto, oltre ad averci regalato un pranzo tanto austero e francescano quanto sublime, mi ha dato l’impressione di essere uno dei giganti di questo mondo ed è stato bello averlo potuto ascoltare in una dimensione così intima.
Più che descrivere i piatti ci ha spiegato il ragionamento che ha fatto e, sentendolo parlare, capivo di essere di fronte ad un professionista con un’esperienza e con dei mezzi culturali a disposizione fuori dal comune. Il dolce non lo dimenticherò mai: una specie di riso‐latte con il grano spezzato al posto del riso, cavolfiori, piselli e bergamotto candito. Il suo obiettivo era quello di lavorare il grano in modo da mantenerne intatta la dolcezza naturale!
Ma Torniamo a Rujno: si tratta di un Merlot di cui sono state prodotte pochissime annate perché viene fatto solo quando le condizioni lo consentono. Prima di essere messo in commercio si aspettano 14 anni, 7 anni di affinamento in tini di rovere e 7 anni in bottiglia. Le annate prodotte sono state la 82’ 85’ 89’ 90’ 94’ ‘97’ 99‘ 01’ e la 2003. Vi risparmio le mie note di degustazione: inutile dire quanto fossero eccezionali e quanto sia stato importante poterli assaggiare in contemporanea per apprezzarne le differenze dettate dall’annata.
Ciò che ho trovato in assoluto più interessante è stato vedere il rapporto di proporzionalità inversa tra l’entusiasmo dei sommelier e quello di Gravner man mano che si assaggiavano le annate più vecchie. L’entusiasmo dei sommelier aumentava ed il produttore progressivamente si incupiva, quasi imbarazzato. Sembrava fosse a disagio, come se parlare del suo lavoro tra gli anni 80’ e 90’ lo disturbasse. Aveva perso la sicurezza e l’entusiasmo di inizio degustazione quando assaggiavamo la 2003 e la 2001…
Il motivo era che mentre per i sommelier di cui sopra, assaggiare le annate più vecchie voleva dire probabilmente riportare il Merlot a quello che dovrebbe essere; Josko ci ha confessato quanto trovasse deludente riassaggiare vini legati ad un tempo in cui probabilmente aveva un’idea meno chiara di quella che sarebbe stata la sua strada e si affidava al paradigma bordolese. Dal suo punto di vista, fare ad Oslavia un vino simile a quello che fanno a Bordeaux, è una perdita di tempo, ciò che conta veramente è tutelare la tipicità di un luogo e comprendere qual è il modo migliore di lavorare le materie prime che si hanno a disposizione. In due parole: Ribolla Gialla!
Autore: Mattia Moliterni