Storie di famiglia
Bevuto e ribevuto, Sammarco è uno di quei vini che bevo da sempre, da quando ho iniziato a bere, e non solo ‘seriamente’ ma proprio solo bere, perché mi sono buttata in questo mondo a 18 anni quando a parte qualche birra iniziavo per la primissima volta in assoluto nella mia vita a bere vino. E quindi per me questo vino è come una di quelle foto scattate così tanto tempo fa che quando le ritrovi per caso e le guardi, d’improvviso pensi “eh quanto ero diverso, quanta strada fatta”.
La prima volta non ho bevuto Sammarco, ho bevuto un grande vino toscano, un Supertuscan che costa un sacco e che quindi per definizione stessa, doveva essere buonissimo e straordinario. Poco importa che fosse di un’annata non eccezionale (la 2003 ovviamente) e quindi una sorta di marmellata liquida che sapeva un po’ di legno cotto, quello era un vino grandioso perché quello era ciò che mi si era detto dovevo aspettarmi (e quindi se non lo avessi riscontrato sarebbe stata la prova che non ci capivo niente).
Poi a distanza di due anni, lo riassaggio aprendolo per un cliente il quale poveretto si era lasciato facilmente guidare da una pomposa e assolutamente vuota presentazione retorica che allora rappresentava il mio quasi unico punto di riferimento.
Ma lì già qualcosa era cambiato: a forza di assaggi dei più svariati vini, dai più mediocri, ai più insignificanti, più sgradevoli, pesanti vini, il mio palato aveva iniziato a sviluppare un minimo di capacità di giudizio e quindi quella volta pensai: cavolo, questo si che è un buon vino!
Ma non perchè dovevo dirlo altrimenti ero una che non ci capisce niente, ma perchè davvero mi piacque e lo reputai buono al di là che fosse Sammarco.
Passano altri due anni, continuo ad assaggiare sempre più vini, sempre migliori, e la mia vino-estetica comincia a prendere forma. Anche questa volta lo riassaggio aprendolo non per me, ma per un cliente che per un imponente festeggiamento decide di impressionare i suoi ospiti stappando qualche grande bottiglia nelle migliori vecchie annate e mi chiese di assaggiarli tutti prima per assicurarmi che stessero bene. Era il 1986. Davvero stupefacente, quel vino trasudava voglia di proseguire a vivere e scalpitava impettito per dimostrarmi che stava vincendo quell’impari battaglia contro il tempo.
Come dice sempre mia mamma ‘vedrai che alla terza volta, capisci al volo’. Al terzo incontro decisi di scavare dietro quella conferma di grandezza, anche perché sembrava che più la mia cultura, esperienza, senso del gusto si affinavano, più quel vino era buono. E così, in perfetta linea con il socratico principio maieutico, fui spinta a vedere cosa ci fosse dietro.
Dietro ci stava un paesaggio, non il Chianti, ma la vallata della Conca d’Oro a sud di Panzano. Ci stava una storia, anzi tante storie. La storia di una famiglia, che dalla metà del XX secolo inizia a piantare lì per la prima volta viti. La storia di una filosofia, quella che oggi ha addirittura un nome e pure molto importante, biodinamica, ma che allora era solo un sistema intuitivo per fare bene il vino.
La storia di una leggenda: Don Alceo, fondatore e patron della cantina si avvaleva della consulenza enologica di un suo grande amico che sarebbe passato alla storia come uno dei più grandi enologi al mondo: Giacomo Tachis, creatore del mitico Sassicaia.
Dopo quella volta in cui ci siamo definitivamente presentati ufficialmente, di tanto in tanto, come si fa con un amico di vecchia data, passiamo qualche serata insieme per raccontarci come vanno le cose. L’ultima volta eravamo in un bar a Roma, un annetto fa, ed è stato un incontro schietto e senza filtri, perché ormai ci conosciamo.
È stato bello perché senza convenevoli, senza alcuna deferenza. L’ho bevuto con lo stesso schietto piacere con cui butti giù una birra fresca su un panino e mortadella in pausa pranzo d’estate, con quella stessa confidenza e scioltezza. E in quel momento Sammarco mi ha rivelato un grande segreto che da allora è diventato quasi un mantra. Solo quando ti spogli (da pregiudizi e saccenza, perfino quando è in buonafede) e lo spogli (dei punteggi, le recensioni, le altisonanti credenziali), puoi iniziare ad avvicinarti ad un vino.
Autore: Michela Motanaro